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      Per tutte queste cose io non ho, Sancio mio buono, veruna difficoltà a credere che in sì breve spazio di tempo tu sia andato e tornato di qua al Toboso, e ripeto che indubitamente qualche savio dee averti fatto viaggiare per aria senza che tu te ne sia accorto.
      - Così debbe essere andata la faccenda, disse Sancio, perché in fede mia Ronzinante marciava come si fosse stato l'asino di un zingaro, e pareva che avesse l'argento vivo negli orecchi.
      - E come ne aveva dell'argento vivo! disse don Chisciotte, e aggiungivi ancor una legione di demonï, che sono genti che marciano e fanno marciare senza stancarsi mai. Ma lasciamo tutto questo da parte: che ti sembra ch'io debba ora fare rispetto al comando di Dulcinea di andarla a vedere? Perché sebbene io conosca da per me stesso che sono in obbligo di obbedire al comando, veggo però che mi si rende impossibile l'adempierlo a cagione del favore che promisi a cotesta principessa che con noi si accompagna, e le leggi di cavalleria vogliono ch'io attenda alla data parola piucché al mio gusto particolare. Da una parte mi stimola e tormenta il desiderio di vedere la mia signora; d'altra parte sono forzato e chiamato dalla promessa fede e dalla gloria che mi riprometto da questa impresa. Miglior partito sarà ch'io mi dia la più gran fretta nel viaggio; così raggiungerò subito questo gigante, e troncatogli al mio arrivo il capo, e posta la principessa nel possesso del suo regno, darò volta subito subito per condurmi a vedere il bel sole che illumina i miei sensi; e farò tali scuse che sarà tenuta per buona ventura la mia tardanza, vedendo che ogni cosa torna in aumento della gloria di Dulcinea; perché quanto ho conquistato, sono per conquistare, e conquisterò col mezzo dell'arme nel corso della mia vita, tutto io riconosco dal favore che la mia buona signora m'imparte, e dall'essere io cosa sua.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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