Dormiva don Chisciotte frattanto, e si avvisarono di non isvegliarlo perché sarebbegli per allora più giovato il dormire che il mangiare. Sul finir del pranzo, essendo presenti l'oste, l'ostessa, sua figliuola, Maritorna, e quanti vi erano in quell'osteria, ragionarono intorno alle pazzie di don Chisciotte ed al misero stato in cui lo avevano ritrovato. Raccontò l'ostessa ciò che gli era avvenuto col vetturale, poi dando un'occhiata se a sorte eravi Sancio, e non lo vedendo, narrò per intiero l'istoria dello sbalzamento per aria colla coperta di che risero tutti moltissimo. Avendo poi detto il curato che i libri di cavalleria letti da don Chisciotte gli avevano guasto il cervello, soggiunse l'oste: - Non so come possa esser questo, perché in verità non avvi miglior lettura al mondo, ed io qui ne tengo due o tre con altre istorie che hanno data veramente la vita non pur a me solo ma ben anche a molti altri. Nei giorni di festa e alla stagione delle messi si raccolgono sul mezzogiorno molti segatori, fra i quali ve ne ha sempre qualcuno che sa leggere, e che ne prende uno, e noi gli facciamo cerchio in più di trenta, e ne stiamo ascoltando con gran piacere la lettura mandando al diavolo la malinconia. Posso dire di me, che quanto sento raccontare i terribili e furiosi colpi tirati da questi cavalieri, mi viene la frega di fare altrettanto, starei giorno e notte sempre ad udirli. - Ed io né più né manco, disse l'ostessa, ché non godo un'ora di quiete se non allora che voi ve ne state ascoltando queste letture, le quali vi tengono tanto assorto che dimenticate di borbottare.
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