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      - Questo è vero, soggiunse Maritorna; e in fede mia che io ci ho il più gran gusto a sentire, per esempio, che un cavaliere e una dama riposano sotto un alloro. - E a voi che ne sembra, bella giovane? disse il curato rivolgendosi alla figlia dell'oste. - Nol so, o signore, rispose ella, in coscienza mia: io pure li sento leggere, e in verità ad onta che non li intenda ne provo diletto; per altro non mi vanno a sangue quei colpi che piacciono tanto a mio padre, ma m'interessano i lamenti dei cavalieri quando si trovano lontani dalle loro signore, e mi commovono fino a farmi piangere di compassione. - Di maniera che, buona giovane, disse Dorotea, se piangessero per cagion vostra, voi non indugereste ad apprestare loro il rimedio? - Non so quello che farei, rispose la ragazza, e posso dire soltanto che tra quelle signore ve ne sono alcune tanto crudeli che meritano dai cavalieri il nome di tigri, di leonesse ed altri siffatti. Dio buono! non so come possa darsi gente così spietata e di sì poca coscienza, che per non voler consolare un uomo di onore lo lascino morire o diventar matto, ed io non arriverò mai a capire perché facciano tanto le schizzinose: se le proposizioni dei cavalieri sono oneste si facciano con essi spose, ché questo debb'essere l'unico loro scopo. - Taci, disse l'ostessa, che tu ti mostri un po' troppo infarinata di tali faccende, e non si conviene alle donne saperne e parlarne tanto. - Non ho creduto, soggiunse la giovane, potermi dispensare dal rispondere poiché fui interrogata.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





Maritorna Dorotea Dio