A tutto si offrì Lotario, ma con intenzione ben diversa da quella di Anselmo; ed essendosi così convenuti si recarono a casa dove trovarono Camilla, che stava non senza affanno attendendo lo sposo che tardato avea in quel giorno più dell'usato.
Si portò poi Lotario alla sua abitazione, e rimase Anselmo nella propria, tanto contento quanto Lotario pensieroso, non sapendo in qual modo dirigersi per condurre a buon fine una sì mal immaginata impresa. Si applicò pertanto a pensare in quella notte al modo d'ingannare Anselmo senza offendere Camilla, e recossi nel seguente giorno a pranzo presso l'amico, la cui moglie assai piacevolmente lo accolse come colei che stimava una grande fortuna per suo marito l'avere un tale amico. Finito il pranzo e sparecchiata la tavola, Anselmo disse a Lotario che se ne restasse con Camilla, mentre egli dovea andare per un affare molto importante, e che sarebbe ritornato fra un'ora. Lo pregò Camilla che si rimanesse, e Lotario si offerse a tenergli compagnia; ma non diede ascolto Anselmo né all'uno né all'altra; pregò l'amico che stesse aspettandolo, avendo egli a trattare con lui di cose di molto rilievo: disse a Camilla che non si scostasse da Lotario sino al suo ritorno: in fine seppe fingere sì bene e la necessità e l'importanza di doversi assentare, che nessuno avrebbe potuto avvedersi della simulazione. Partì Anselmo e restarono a tavola Camilla e Lotario, mentre i servitori di casa pranzavano. Lotario si trovò nello steccato a seconda dell'umore dell'amico suo, e con a fronte un nemico il qual vincere poteva con la sola sua bellezza uno squadrone di armati cavalieri.
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