Nelle tacite ore della notte, quando il dolce sonno occupa i mortali, io al cielo ed a Clori fo noto in parte i miei molti affanni.
E quando il sole si mostra per le rosee porte d'oriente con sospiri e accenti interrotti rinnovo l'antico lamento.
E quando dallo stellato suo seggio invia il sole i suoi raggi diritti alla terra, cresce il mio pianto e si raddoppiano i gemiti.
Torna poi la notte, ed io mi riconduco alle mie triste querimonie: ma sempre per mio duro destino trovo sordo il cielo, sorda Clori.
Piacque il sonetto a Camilla, ma riuscì molto più grato ad Anselmo che ne fece alte lodi, e trattò la dama da crudele eccessivamente perché non corrispondeva a sì grande amore. A questo passo soggiunse Camilla:- È poi vero tutto quello che dai poeti innamorati si dice? - Come poeti, rispose Lotario, non sono veritieri allo scrupolo, e come innamorati non sanno mai esprimere pienamente quello che sentono. - Di ciò non vi ha dubbio, replicò Anselmo, il quale menava buona ogni cosa a Lotario per fargli trovar credito appresso Camilla, che tanto poco curavasi dell'artifizio di Anselmo quanto grandemente era innamorata di Lotario. In tal guisa per la soddisfazione che provava del felice andamento delle sue cose, e più ancora per la certezza che a lei erano diretti gli scritti di Lotario, e ch'essa era la vera Clori, lo pregò che se avesse a mente qualch'altro sonetto od altri versi, li recitasse. - Ne so un altro, rispose Lotario: temo però che non sia così buono o per meglio dire che sia peggiore del primo.
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