- Che faremo? rispose Camilla; lasceremo che Anselmo lo sotterri, poiché sarà giusto che tenga per riposo la fatica che farà per seppellire la propria sua infamia. Chiamalo, finiscila, che ogni indugio alla dovuta vendetta sembrami oltraggio della lealtà che debbo al mio sposo."
Tutto ciò era inteso da Anselmo, ed ogni parola che diceva Camilla lo faceva cambiare di opinione; ma quando la sentì decisa di ammazzare Lotario, si credette obbligato a discoprirsi affinché non succedesse tanta disgrazia. Lo ritenne però la brama di veder dove andasse a finire una sì ferma ed onesta risoluzione, proponendosi di uscir fuora a tempo da impedirne l'effetto. Fu colta frattanto Camilla da un forte svenimento: e Leonella, posandola sopra un letto che quivi trovavasi, cominciò a piangere dirottamente, ed a dire: - Ahimè sventurata, se per mia somma disgrazia mi morisse adesso fra le braccia il fiore dell'onestà del mondo, la corona delle mogli onorate, l'esempio della castità!" e a queste aggiungeva altre dichiarazioni, tali che chiunque l'avesse udita, tenuta avrebbe lei per la più dolente e leale donzella del mondo, e la sua padrona per una novella perseguitata Penelope. Poco tardò a risentirsi Camilla, e disse: - E perché non vai tu, Leonella, a chiamare il più traditore amico che siasi veduto al mondo? Affrettati, cammina, corri, vola; non si ammorzi il mio sdegno colla tardanza, né finisca in sole minacce ed invettive la vendetta che voglio prendermi di costui. - Vado a chiamarlo, signora mia, disse Leonella, ma voi dovete darmi prima di tutto questo pugnale; che non voglio lasciarvi in pericolo di far cosa per la quale abbiano poi a piangere tutta la loro vita quelli che vi amano.
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