Venga il malanno a lui e alle tariffe della cavalleria per le quali questi signori non pagano mai un maravedis. Per colpa di costoro è venuto qua quest'altro signorino che mi portò via la mia coda, e me la restituì sì mal concia e dipelata, che mio marito non potrà più valersene come solea: e finalmente per compir l'opera mi ha rotto gli otri e versato il vino: che versato io possa vedere tutto il suo sangue! Oh non si pensi ora di scapparla netta, che giuro per le ossa di mio padre e per gli anni di mia madre che l'hanno da pagare maravedis sopra maravedis, e non mi chiamerei come mi chiamo, né sarei figlia di chi sono." Queste ed altre cose diceva l'ostessa inviperita, ed era in ciò secondata dalla sua buona serva Maritorna, la figliuola sola taceva sorridendo di tanto in tanto.
Il curato rimediò ad ogni cosa, promettendo di compensare i danni il meglio che avesse potuto sì degli otri come del vino, e singolarmente del pregiudizio della coda di cui ella faceva tanto gran conto. Dorotea consolò Sancio dicendogli che quando fosse provato a tutta evidenza che il suo padrone ammazzato avesse il gigante, e si vedesse ella pacifica posseditrice del suo regno lo investirebbe della maggior contea che fosse al mondo. Sancio si sentì rinascere, ed assicurò la principessa che egli aveva veduta la tronca testa del gigante, ed in prova di ciò che asseriva, dichiarò che aveva una barba che gli arrivava fino alla cintola, e che se questa benedetta testa non si trovava, era perché quanto succedeva in quella osteria era tutto un'incantagione, di che protestava di aver avute certissime prove l'altra volta che vi si fermò ad alloggiare.
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Maritorna Sancio Dorotea Sancio
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