Non volle Anselmo prestarle fede, che anzi accecato dalla collera trasse un pugnale per ferire Leonella, intimandole di palesargli il vero o l'ucciderebbe. Essa fuori di sé per timore e senza sapere ciò che si dicesse, così parlò: - Non mi uccidete, o signore, che vi rivelerò cose d'importanza più grandi assai di quello che voi non credereste. - Palesale all'istante, disse Anselmo, o tu sei morta. - Sarà impossibile il farlo subito, disse Leonella, poiché io sono fuori di me stessa, datemi tempo sino a dimani, e sentirete un racconto che resterete preso di meraviglia: assicuratevi intanto che colui che saltò dalla finestra è un giovine di questa città da cui io ebbi promessa che sarà mio sposo." Si acchetò Anselmo ciò udendo, e le concesse il termine chiesto, non immaginando mai di sentire colpevole Camilla, poiché riposava con piena fiducia e tranquillità sulla sua virtù. Lasciò pertanto chiusa Leonella nel suo appartamento, da cui egli partì, avendole intimato che uscita non sarebbe se prima svelato non avesse ogni cosa. Si recò sul fatto a vedere Camilla, ed a farle sapere l'avvenuto con la cameriera, e la promessa di lei di palesargli cose grandi e importanti. Non è mestieri dire se siasi o no turbata Camilla: sì grande fu lo spavento che la colse, credendo veracemente (ed era da crederlo), che Leonella volesse scoprire ad Anselmo la sua mancanza di fede, che non ebbe cuore di attendere per vedere se vero o fallace si fosse il sospetto di lei; e quando le parve che Anselmo si fosse addormentato, in quella notte medesima pose in un involto le sue gioie e i denari, e senza essere veduta da chicchessia fuggì di casa e si recò a quella di Lotario.
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