Si affrettò il curato a torle dal viso il velo che la copriva per ispruzzarla di acqua affinché rinvenisse, né l'aveva appena scoperta che fu riconosciuta da don Fernando, il quale al vederla restò come uomo morto. Non per questo si staccò egli da Lucinda, che pur voleva allontanarla siccome quella che avea riconosciuto Cardenio nel sospirare, ed egli lei. Cardenio ancora avea udito il doloroso oimé di Dorotea quando cadde svenuta, e credendo che fosse proceduto dalla sua Lucinda, escì fuori tutto convulso dalla stanza, ed il primo in cui si avvenne fu don Fernando, il quale teneva tuttavia stretta fra le braccia Lucinda. Fu allora che don Fernando conobbe Cardenio; egli, Lucinda, Cardenio e Dorotea restarono tutti mutoli e sospesi, non potendo comprendere lo spettacolo che loro stava dinanzi. Tacevano e si guardavano l'un l'altro: Dorotea don Fernando, don Fernando Cardenio, Cardenio Lucinda e Lucinda Cardenio. Prima a rompere il silenzio fu Lucinda che, volto il parlare a don Fernando, così gli disse:
Lasciatemi, don Fernando, lasciatemi una volta che bene sapete chi mi son io; lasciate che mi appoggi all'olmo di cui sono vite, dal cui sostegno non hanno potuto rimovermi le importunità, le minacce, le promesse, le lusinghe, i regali. Considerate per quali disusate ed a noi ascose vie mi vien dal Cielo posto innanzi il vero mio sposo e già sapete per mille pericolose sperienze che la sola morte potrà cancellarlo dalla mia memoria: decidetevi una volta per sì evidenti disinganni a convertire (giacché non potete far altra cosa) l'amore in rabbia, l'affezione in disprezzo e finite, con ciò di togliermi questa misera vita, ma sappiate che io la perderò volentieri purché ciò mi accada dinanzi al mio sposo; che la mia morte gli sarà prova incontrastabile del candore di quella fede che gli ho serbata e gli serberò fino all'ultimo respiro.
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