Tanta suol essere talora la sua nudità che un collare trinciato e logoro gli serve di vestito e di camicia, e nel verno in campagna aperta suole difendersi dalle inclemenze del cielo col solo fiato che gli esce di bocca; il quale movendo da un corpo vôto, mi fo a credere che debba essere freddo contro tutte le regole della madre natura. Quando poi sopraggiunge la notte, per ristoro di tanti disagi gli è bello apparecchiato un letto; il quale non dirà mai che sia angusto, mentre può pigliarsi lo spazio di terra a lui occorrente, e voltarsi e rivoltarsi senza temere che le lenzuola si vadano raggomitolando. Aggiungasi a ciò l'obbligo rigoroso di non mancare ai doveri del suo esercizio; e in premio di tutto questo nel giorno della battaglia, gli porranno sulla testa una laurea di fila per curarlo da qualche ferita che il lascerà malconcio per sempre. O se ciò non avvenga, e lo conservi e vivo e sano il pietoso Cielo, rimarrà povero come prima: e per migliorare un pochino la sua condizione ci vorranno tanti rischi, che l'uscirne sano è un prodigio. Tutto il contrario accade dei letterati; i quali o a dritto o a torto sanno trovarsi compensi; e così maggiore è la fatica del soldato, e molto minore la speranza del premio. A tutto questo si potrebbe rispondere esser più facile premiare duemila uomini di lettere che trentamila soldati, perché quelli si premiano con ufficî che debbono per necessità appartenere ad uomini studiosi, mentre ai soldati bisogna far parte delle cose proprie del padrone cui servono: ma ciò avvalora ancor più la mia proposizione Ma lasciamo da parte questa difficoltà ch'è un labirinto di molto difficile uscita, e ritorniamo a trattare della preminenza fra le armi e le lettere; argomento tutt'ora indeciso.
| |
Cielo
|