Nulla però abbiamo scoperto a lui del nostro segreto, perché troppo grande era il pericolo che ne poteva provenire.
CAPITOLO XL
SEGUITA LA STORIA DELLO SCHIAVO.
Quindici giorni appena erano passati e già il nostro rinnegato avea comperata una barca atta a contenere più di trenta persone; colla quale per meglio assicurare e dar colore all'astuzia, fece viaggio ad una terra chiamata Sargello, a trenta leghe da Algeri dalla parte d'Orano, dove si fa gran traffico di fichi e di uve passe. Due o tre volte ripeté quel viaggio in compagnia del Tagarino sopraccennato. Tagarini chiamano in Barberia i Mori di Aragona, e quei di Granata sono detti Mudeschiari e nel regno di Fez i Mudeschiari si chiamano Elchi, genti delle quali si vale il re nella guerra più che d'ogni altro. Ogni volta che passava con la sua barca, dava fondo in una cala, non lontana due tiri di balestra dal giardino dove Zoraida abitava, ed ivi a suo grand'agio fermavasi il rinnegato coi giovani Mori, che vogavano al remo, od a dire l'Azala, o come a provarsi di fare da scherzo ciò che pensava poi di fare daddovero. Con tale pretesto recavasi al giardino di Zoraida, chiedeva delle frutta, e suo padre gliele dava senza conoscerlo; ma benché cercasse ogni modo di parlare a Zoraida, e farsi riconoscere per colui che di mia commissione doveva condurla in terra dei Cristiani, e dirle che vivesse sicura e di buon animo, non gli fu possibile farlo, perché le More non si lasciano veder mai né da Mori né da Turchi a meno che non sieno loro mandati dal marito o dal padre.
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