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      Posto fine in tal modo a queste risse, ch'erano le più importanti e principali, restava che i servitori di don Luigi si persuadessero di partire in tre, restando il quarto in compagnia di don Fernando dovunque gli fosse piaciuto di condurlo. Ma la fortuna che avea cominciato a volger propizia, si mostrò a tal punto molto benigna; perché aderirono i servitori a tutto ciò che bramava don Luigi, di che n'ebbe donna Chiara sì gran giubilo che le traspariva dal volto in modo da essere conosciuto da ognuno. Zoraida tuttoché non comprendesse ancora bene gli avvenimenti, si rattristava e si rallegrava secondo gl'indizi degli altri sembianti, e sopra tutto quello del suo Spagnuolo, dal quale non distaccava mai gli occhi, perché lo teneva fitto nel cuore. L'oste che aveva notata molto la ricompensa data dal curato al barbiere, domandò il pagamento della sua polizza per l'alloggio di don Chisciotte, e per la rottura degli otri in un colla perdita del vino, giurando che Ronzinante non sarebbe uscito dall'osteria e neppure l'asino di Sancio se prima non foss'egli restato soddisfatto interamente di ogni suo avere. Il curato trovò ripiego ad ogni cosa, e don Fernando pagò l'oste, benché anche il giudice si fosse di buon volere a ciò offerto.
      A questo modo tutti restarono in pace, e così d'accordo che non pareva più che in quell'osteria avesse signoreggiato la discordia che sovvertì il campo del re Agramante, com'erasi cacciato in testa don Chisciotte, ma sì bene la pace e la quiete che regnò ai tempi di Ottaviano Augusto.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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