Sancio che tutto ascoltava, disse, dimenando la testa:
- Ah signore, signore v'è più male nel villaggio che il pastore non pensa, con sopportazione delle donne dabbene.
- Che male, disse don Chisciotte, o che villaggio o pastore vai tu rimestando, villan manigoldo?
- Se vossignoria va in collera, rispose Sancio, io metterò la lingua nel sacco, e lascerò di dire quello a cui sono obbligato come buon scudiere, e come deve spiegarsi col suo padrone un leal servitore.
- Di' pur ciò che vuoi, replicò don Chisciotte, purché non ti metta in capo d'incutermi timore; ché se tu l'hai, diportati da quello che sei, ed io che non l'ho mi regolo da mio pari.
- Non è già per questo, poveraccio di me! disse Sancio; ma perché io tengo per cosa sicura che questa signora che si chiama regina del gran regno Micomicone tanto sia regina come la madre che mi ha fatto: perché se tal fosse davvero non si affratellerebbe con queste persone in maniera che certo non si conviene ad una grande costumata signora."
Arrossì Dorotea a queste parole, ricordandosi che Sancio l'avea veduta a stretto colloquio con don Fernando, di cui egli non sapeva ch'essa era sposa: però non trovando ella opportuna risposta, egli proseguì il suo discorso dicendo:
- Questo, signor padrone, le dico; perché se dopo aver fatto viaggi lunghi e pericolosi, e passato male notti e peggiori giorni, dovessimo cogliere il frutto che abbiamo già colto in quest'osteria, non c'è ragione alcuna che io mi affretti a insellare Ronzinante, a mettere la bardella al giumento e ad allestire il palafreno; e sarebbe più savio partito non muoverci di qua; e porti pazienza chi ha bisogno del nostro aiuto.
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