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      Chi negare potrà mai che vera sia la storia di Pietro e della bella Magalona, quando fino ai dì nostri si vide nell'armeria del re il bischero con cui si voltava il cavallo di legno che portava per aria il valoroso Pietro: bischero da considerarsi più grande di un timone da carretta? Non vedesi ancora accanto a questo bischero la sella di Babieca, ed in Roncisvalle il corno di Orlando, lungo quanto una trave? Da tali fatti dobbiamo concludere necessariamente che vissero i dodici Paladini, che v'ebbe un Pietro, un Cid ed altri cavalieri di tal genere, di quello cioè che dicono le genti che va cercando venture. Se non si vuole concedermi neppur questo, domando io: non è verità forse che fu cavaliere errante il valoroso Lusitano Giovanni di Merlo, il quale recossi in Borgogna e venne a singolare tenzone nella città di Ras col famoso signor di Ciarnì, chiamato Mossen Pierre, e dopo nella città di Basilea con Mosè Enrico di Remestan, riuscendo trionfante da ambedue queste imprese e carico di gloria e celebrità? Che dirò io delle avventure e delle disfide che incontrarono in Borgogna i valorosi spagnuoli Pietro Parba e Gutierre Chisciada (dal cui lignaggio per linea retta maschile io discendo) i quali trionfarono dei figli del conte di San Polo? Mi si neghi adesso che don Fernando di Guevara andasse in Germania a cercar avventure, e così però che venisse a sanguinosa battaglia con messer Giorgio cavaliere della casa del duca d'Austria! Dicasi che sono state burle le giostre di Suero Chignones del Passo, le gesta di don Mossen Luigi di Falces contra don Gonzalo di Gusman, cavaliere castigliano, e tante e tante altre imprese compite da cavalieri cristiani di questi o dei regni stranieri, sì autentiche e vere che, torno a dire, chi si facesse a negarle mancherebbe affatto di senso comune e di ogni maniera di buon ragionare.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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