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      Per i meriti stessi posso ben io senza scrupolo di coscienza eleggere conte Sancio Pancia, ch'è uno dei migliori scudieri che mai vantasse cavaliere errante."
      Restò attonito il buon canonico dei regolari spropositi (se li spropositi aver possono regolarità) che don Chisciotte aveva detto; del modo con cui aveva dipinta la ventura del cavaliere del Lago; della impressione fatta in lui dalle menzogne dei libri che aveva letti: lo rendevano poi stupito soprattutto le sciocchezze di Sancio che con tanto coraggio desiderava di pervenire alla contea promessagli dal suo padrone.
      Ma erano già di ritorno colla vettovaglia i servitori del canonico, i quali aveano condotto le cavalcature all'osteria per riposare. Apprestaronsi le tavole, o per meglio dire si distese un tappeto sopra la verde erbetta del prato, dove si assise la brigata all'ombra degli alberi più frondosi, né si volle prescegliere altro sito affinché i carradori non perdessero la opportunità per lo pasto dei loro buoi.
      Mangiavano tutti di buona voglia, quando inaspettatamente udirono un gran fracasso ed un suono di campanello che veniva dalle folte macchie vicine. Videro nel tempo istesso uscire da quei cespugli una bella capra che aveva la pelle chiazzata di nero, bianco e bigio, e dietro a questa un capraio chiamandola, e alla sua usanza invitandola, che si fermasse e ritornasse al branco. La fuggitiva capra, corse alla volta della gente quasi domandasse aiuto, e si fermò. La raggiunse il capraio, e prendendola per le corna la sgridò dolcemente come se fosse stata capace d'intenderlo, dicendole così:


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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