Era una domenica ed in quell'ora trovavasi piena di gente la piazza per mezzo alla quale lentamente pasṣ il carro. Traevano tutti a vedere che cosa vi fosse in coś stravagante arnese, e restarono maravigliati nello scorgervi il loro compatriota; un ragazzo corse frettoloso a informare la serva e la nipote, che il loro zio e padrone se ne tornava magro, macilente, giallo e disteso sopra un mucchio di fieno in un carro tirato dai buoi. Fu cosa molto degna di compassione l'udire le grida che alzarono quelle buone donne, e le maledizioni che scagliarono contro quei detestabili libri di cavalleria, mentre per gran dolore si ripercuotevano la faccia: e tutto questo si rinnoṿ al rientrar che fece in casa sua don Chisciotte.
Alla novella diffusasi di questo ritorno accorse anche la moglie di Sancio Pancia, la quale sapeva bene che il marito era al servizio di don Chisciotte in qualità di scudiere. Appena vide Sancio, la prima cosa che gli chiese si fu se l'asino stesse bene, e Sancio le rispose che si portava meglio del suo padrone.
- Ringrazio il Signore, soggiuns'ella, che tanto bene mi ha fatto: ora ditemi di grazia, buon amico, che cosa avete portato dalle vostre scorrerie? Che zimarra avete comperato da regalarmi? Dove sono le scarpettine per i vostri figliuoli?
- Nulla di tutto questo, moglie mia cara, disse Sancio, ma ti ho portato cose di molto maggiore importanza e utilità.
- Oh questo ś mi piace, soggiunse la moglie: ora fa presto ch'io vegga queste cose d'importanza e di molta utilità, amico mio che rallegreṛ questo mio cuore afflitto e sconsolato per tanti secoli della tua lontananza.
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