- Il mio ministero, rispose il curato, che m'impone di guardare il segreto gelosamente.
- Or bene, soggiunse allora don Chisciotte; e che altro occorre se non che sua Maestà comandi per pubblico banditore che abbiano in un dato giorno a trovarsi uniti alla corte tutti i cavalieri erranti che sono dispersi per la Spagna? Ché quando ne comparisse niente più di una mezza dozzina, già basterebbero per distruggere l'immensa potestà del Turco.
Mi onorino le vostre signorie della loro attenzione, ed accompagnino il mio ragionamento. Sarebbe forse novità che un solo cavaliere errante avesse sbaragliato un esercito di dugentomila combattenti, come se tutti insieme fossero stati di paste dolci e soltanto con una gola? E in prova di questo favoriscano dirmi: quante storie non abbondano elleno di siffatte maraviglie? Vivesse di presente almeno (venga malanno a me, che ad altri non lo vo' augurare!) il famoso don Belianigi o alcuno degli innumerevoli discendenti da Amadigi di Gaula, che se oggidì si trovasse alcuno di quel lignaggio, e venisse alle prese col Turco, in verità che non lo manderebbe al prete per la penitenza: ma Dio Signore avrà cura del suo popolo, e farà uscir in campagna taluno che se non avrà la gagliardia dei trapassati cavalieri erranti, non sarà al certo inferiore ad essi nel coraggio; e Dio m'intende, e non dico altro.
- Ahi, ahi, sclamò la nipote a questo punto, ch'io possa morire se al mio buon zio non è tornato il capriccio di riprendere l'esercizio della cavalleria errante!
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