- E come che costui è stato mago o incantatore! replicò Sancio; poiché per quello che ne dice il detto baccelliere Sansone Carrasco, l'autore dell'istoria si chiama Cide Hamete Berengena.
- Questo è nome di Moro, rispose don Chisciotte.
- Può darsi, soggiunse Sancio, poiché intesi dire comunemente che i Mori sono amici delle erbe berengane
- Tu devi andar errato o Sancio, disse don Chisciotte, sul sopranome di questo Cide che in arabico vuol dire signore.
- Potrebbe anche essere, replicò Sancio; ma se brama vossignoria che faccia venir qui il baccelliere io andrò in un fiato a cercarlo.
- Ne avrò grande soddisfazione, disse don Chisciotte, che mi ha posto in confusione tutto quello che mi hai detto, né mangerò boccone che mi piaccia sinché io non abbia le più esatte e le più ampie informazioni.
- Ed io corro in traccia di lui,» disse Sancio.
Partì dunque dal suo padrone, andò a trovare il baccelliere, col quale tornò di lì a poco e seguirono poi fra loro i seguenti graziosissimi ragionamenti.
CAPITOLO III
DEL RIDICOLO DISCORSO TENUTO DA DON CHISCIOTTE, SANCIO PANCIA E IL BACCELLIERE SANSONE CARRASCO.
Don Chisciotte era rimasto assorto in gravi pensieri aspettando il baccelliere Sansone Carrasco da cui attendeva il ragguaglio di ciò che di lui si narrasse nel libro annunziatogli da Sancio Pancia. Non potea persuadersi che la sua istoria avesse veduto la luce del mondo, mentre la sua spada era tuttavia intrisa e grondante del sangue dei nemici ch'egli s'immaginava di avere ammazzati; e se con tutto ciò volava per ogni dove la storia delle grandi sue gesta cavalleresche, questo dovea avvenire solo per incantesimo di qualche savio o amico o nemico: amico per ingrandirle ed innalzarle sopra le più segnalate di cavalier errante; nemico per annichilarle e metterle al disotto delle più vili che fossero state mai scritte di inglorioso scudiere.
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