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      - Anzi al contrario, lo interruppe Carrasco; che siccome stultorum infinitus est numerus, così infiniti sono quelli che l'hanno assaporato. Non è mancato però chi ascrisse a difetto di memoria dell'autore l'essersi dimenticato di far sapere chi fosse il ladro che rubò il leardo a Sancio, perocché ei racconta che l'asino fu rubato, e poi di lì a poco vediamo che Sancio lo vien cavalcando senza che se ne sappia il come. Lo accusano similmente di avere omesso di dar conto dell'uso fatto da Sancio di quei cento scudi che trovò nel valigiotto in Sierra Morena, i quali scudi non sono più rammentati; mentre molti bramerebbero sapere che cosa Sancio ne fece e come li consumò: e questo dicono ch'è uno dei principali difetti dell'opera.»
      Sancio rispose:
      - Io, signor Sansone, non mi sento voglia d'investigar o di rifare conti... oh Dio! mi coglie in questo punto uno svenimento da cui se non posso ripararmi con un po' di buon vino vecchio corro a rischio di ammalarmi o di crepare: oh vi so dire che ne ho un barile a casa di perfetto ai vostri comandi, ed intanto penso di andarvi, ché la mia cara moglie mi aspetta: quando mi sarò ristorato lo stomaco tornerò qua e darò a vossignoria e a tutto il mondo quegli schiarimenti che più vorranno così rispetto alla perdita del giumento come all'impiego de' cento scudi.»
      Senz'aspettare altre risposte od aggiunger parola, se n'andò Sancio a casa di filo. Don Chisciotte pregò vivamente il baccelliere che stesse a far penitenza seco, e il baccelliere accettò l'invito e restò. Si aggiunse al pranzo consueto un paio di piccioni, e a tavola si ragionò di cose toccanti la cavalleria.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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