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      - Ti do la mia parola, rispose Sancio, che se la fortuna vuole ch'io mi guadagni qualche governuccio mariterò Maria Sancia sì altamente che non la potranno arrivare se non con chiamarla signora.
      - A ciò non consento io, o Sancio, rispose la moglie: maritala con un suo pari, che questo è il meglio: se cambia gli zoccoli in pianelle e la zimarra di panno bigio in grandiglia e gammurra di seta, e se di una Mariuzza e di un tu si faccia la donna o la signora tale, la nostra ragazza non saprà più di essere a questo mondo, darà a ogni passo in ciampanelle, e farà presto conoscere il filo della sua grossa tela.
      - Taci, sciocca, interruppe Sancio; ché le difficoltà non potranno durare più di due o tre anni, e poi la signoria e la gravità le calzeranno come dipinte; e quando anche ciò non fosse, che importa egli? diventi signora, e seguane quello che si vuole, ché non serve altro.
      - Misurati, Sancio, col tuo stato, rispose Teresa, e non dimenticarti il proverbio che dice: Al figlio del tuo vicino nettagli il naso e piglialo per tuo. Oh la sarebbe una bella cosa l'accasare la nostra Maria con un gran conte o con un gran cavaliere, che venendogli poi qualche altra fantasia la facesse entrare in un guscio di noce, chiamandola villana, figlia di un rompizolle, di una pelarocche! io non lo permetterò finché mi staranno occhi aperti, sai; ché io non ho già allevato la mia figliuola perché abbia ad avere disgusti di questa sorta. Pensa, Sancio, a portare danari, e lascia poi a me di maritarla: abbiamo Lope Toccio, il figliuolo di Giovanni Toccio, giovane gagliardo e sano, che conosciamo molto bene, e che non guarda la ragazza di mal occhio; con questo, ch'è nostro uguale, sarebbe assai bene maritata, e noi la avremmo sempre dinanzi agli occhi e saremmo tutti una cosa, padri e figli, nipoti e generi, e la benedizione del Signore sarebbe sempre in casa nostra: e questo saria pur meglio che farla sposa in qualche corte o in qualche gran palazzo dove non trovi chi la intenda o chi sia inteso da lei.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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