Se male non ricordo egli così la discorreva: tutte le cose che ci sono presenti, e si mirano cogli occhi, stanno impresse nella memoria con forza molto maggiore delle passate. (Questo discorso che Sancio va facendo è il secondo motivo per cui il traduttore tiene per apocrifo questo capitolo, perché eccede la capacità sua). Seguitò dunque dicendo:
Donde nasce egli che quando ci si presenta una persona bene composta e vestita con isfarzo e con un gran codazzo di servitori, sembra che ci troviamo obbligati quasi a forza di portarle rispetto? e tuttoché ci torni a memoria l'umile condizione in cui l'abbiamo veduta precedentemente, quella primitiva bassezza, sia ella proceduta da povertà o da oscura prosapia, non avendo esistenza, non è più, e resta unicamente quello che ci vediamo dinanzi. Se quel tale cui sollevò la fortuna dal fondo di sua abbiezione (son le parole proprie del predicatore) all'apice della prosperità, fosse ben creato, liberale e cortese, né si mettesse e disputare sul conto di quelli che vantano antica nobiltà, non è egli vero, Teresa, che non si troverebbe chi si rammentasse del primiero suo essere? Sarebbe anzi riverito pel suo stato presente a meno che non incappasse in qualche invidioso contro il cui morso non vale fortuna per prospera che sia.
- Marito mio, io non t'intendo punto, disse Teresa; fa quello che ti pare e piace, né mi rompere altro la testa colle tue rettoriche; e se sei risolto a fare quello che dici...
- Risoluto hai a dire, moglie mia, interruppe Sancio, e non risolto.
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Sancio Teresa Teresa Sancio
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