- Non ti mettere a disputare con me, marito mio, replicò Teresa, che io parlo come Dio vuole e non amo fantasticarmi, e soggiungo che se ti sta fitto in testa il governo, almeno conduci con te tuo figlio Sancetto per ammaestrarlo anche lui a governare, essendo ben fatto che i figliuoli sieno eredi, e si istruiscano dell'officio del genitore.
- Subito che sarò nominato governatore, disse Sancio, manderò a prenderlo per le poste, e ti manderò dei danari, che certo non mi mancheranno, poiché sempre si trova chi ne dà a prestito ai governatori quando ne sono senza; e allora lo vestirai in modo che non gli resti ombra di quello che era, ed apparisca quello che dovrà essere.
- Manda pur tu il denaro ch'io lo vestirò, e sarà bello come una palma, disse la moglie.
- Restiamo intesi, rispose Sancio, che nostra figliuola ha da essere contessa.
- Il giorno in cui la vedrò contessa, replicò Teresa, fo conto di seppellirla; ma torno a dire che tu farai quello che più ti andrà a garbo, perché si sa bene che noi altre donne nasciamo con l'obbligo connaturale di obbedire ai nostri mariti, fossero anche tanti stivali.»
Dopo questo discorso si pose a piangere sì dirottamente come se già si vedesse dinanzi morta e seppellita Sancetta. Sancio la racconsolò, assicurandola che dovendo farla contessa, indugerebbe il più che potesse; e così terminò il lungo colloquio, e tornò Sancio a rivedere don Chisciotte per disporre con lui ogni cosa per la partenza.
CAPITOLO VI
CIÒ CHE SEGUÌ TRA DON CHISCIOTTE, LA SUA NIPOTE, E LA SERVA: UNO DEI PIÙ IMPORTANTI CAPITOLI DI TUTTA L'ISTORIA.
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