- Eppure molti sono gli erranti, disse Sancio.
- Molti sì, rispose don Chisciotte, pochi però quelli che meritano il nome di cavalieri.
In questi e simiglianti ragionamenti consumarono quella notte ed il seguente giorno senza che loro accadesse cosa degna di essere notata, il che non poco dispiacque a don Chisciotte. Finalmente il giorno dopo in sul fare della notte scoprirono la gran città del Toboso, alla cui veduta si riscosse tutto don Chisciotte e si contristò Sancio, perché non sapeva dove fosse l'abitazione di Dulcinea che non aveva mai veduta, come pure non la conosceva il suo padrone: e perciò l'uno per vederla l'altro per non averla veduta mai, erano agitatissimi, né sapeva Sancio come regolarsi quando il suo signore gli avesse dati i suoi comandi. Volle alla fine don Chisciotte che si entrasse nella città famosa sul declinare del giorno, e per aspettare questo momento si trattennero ambedue in un querceto vicino al Toboso. Venuto il determinato punto vi misero piede, e allora successero cose che possono dirsi propriamente cose.
CAPITOLO IX
SI RACCONTA QUELLO CHE STA SCRITTO NEL PRESENTE CAPITOLO.
Il punto della mezzanotte, poco più poco meno, fu quello in cui don Chisciotte e Sancio lasciarono il monte ed entrarono nel Toboso. Regnava un profondo silenzio, perché riposavano gli abitanti tutti a gambe distese come suol dirsi. Non era molto oscura quella notte che Sancio avrebbe desiderata oscurissima, per trovare fra le tenebre la discolpa delle sue stoltezze, e non altro udivasi per tutto il paese, che latrati di cani i quali intronavano gli orecchi di don Chisciotte e mettean turbamento nel cuor dello scudiere.
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