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      - Oh che sì, rispose la contadina, che vossignoria s'è proprio imbattuta in donna a cui piaccia sentire le parole amorose! si levino di qua, e ci lascino andare pei fatti nostri, che sarà meglio.»
      Sancio si fece in disparte, e lasciò la strada libera, allegrissimo di vedersi così ben riuscito da tanto intrico.
      Non si vide appena in libertà la villana a cui era toccato di rappresentare senza sua voglia Dulcinea, che pungendo la sua cananea con il pungolo che stava a capo di un suo bastone, cominciò a correre alla volta del prato a più potere: ma l'asina non volendo tollerare la punta del bastone che la molestava più del solito, cominciò a far corvette in maniera che stramazzò la signora Dulcinea quanto era lunga.
      Don Chisciotte, veduto questo accorse a rizzarla, e Sancio a rassettare ed a cinghiare la bardella ch'era andata sotto alla pancia dell'asina. Accomodata la bardella, e volendo don Chisciotte portare colle braccia la sua incantata signora sulla giumenta, la signora balzata in piedi, lo sollevò da quest'incarico, giacché tirandosi un poco indietro, pigliò una corsa, e poste ambe le mani sulla groppa dell'asina vi saltò su col suo colpo leggero più che falcone, e come se fosse stata uomo, rimase a cavalcioni. Sancio disse in quell'istante:
      - Viva Dio, che la signora nostra padrona è più snella di un gatto, e può essere maestra di ginetta al più pratico cordovese o messicano; ha trapassato di un salto sopra l'arcione della sella, e fa correre la chinea senza sproni come se fosse una capra salvatica; e non sono di manco le sue donzelle che tutte corrono come il vento.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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