- Se così è, disse Tommaso Zeziale, io fui pazzo per elezione quando volli farmi scudiere di vossignoria; e perciò voglio adesso cessare di esserlo e tornarmene a casa mia.
- Ciò a te sta bene, rispose Sansone, ma sarebbe lo stesso che a voler asciugare il mare immaginandosi che io pensassi di tornarmene a casa senza prima aver macinato don Chisciotte a furia di bastonate. Non mi curerò più di andare in traccia di lui per fargli riacquistare il suo buon giudizio, ma per secondare la mia impazienza di vendicarmi; né in questo momento il gran dolore delle mie costole mi lascia fare più placidi ragionamenti.»
Andavano tutti e due così discorrendo insieme finché giunsero ad un paese dove fu ventura trovare un chirurgo che si accinse a medicare il disgraziato Sansone. Tommaso Zeziale andò pei fatti suoi, e lasciò il baccelliere solo e tutto occupato a trovar modo di fare le sue vendette.
L'istoria tornerà a parlare di lui a suo tempo, non potendo ora lasciare di prendere parte nelle allegrezze del valoroso don Chisciotte.
CAPITOLO XVI
CIÒ CHE AVVENNE A DON CHISCIOTTE CON UN GIUDIZIOSO CAVALIERE DELLA MANCIA.
Don Chisciotte con l'allegria già descritta, e tutto pieno d'ardire proseguiva la sua giornata, immaginando per la passata vittoria, di essere il cavaliere errante più valoroso che in quella età potesse vantare il mondo. Dava egli già per compite e condotte a fortunato fine quante altre avventure fosse quindi innanzi per incontrare. Valutava poco gl'incanti e poco gl'incantatori; erasi dimenticato affatto delle innumerevoli bastonate che nel corso delle sue cavallerie aveva ricevute, e di quella sassata che fracassati gli aveva i denti, e dell'ingrato animo dei galeotti e della audacia dei Janguesi.
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