- Ah ci siamo, ci siamo! disse allora fra sé quello dal gabbano verde; si è adesso fatto conoscere il nostro buon cavaliere. Oh la ricotta gli ha senz'altro fatta la testa tenera e stemperato il cervello!»
Sancio in questo se gli accostò e gli disse:
- Signore, la prego in nome di Dio di fare in modo che il mio signor don Chisciotte non si azzuffi con questi leoni, ché se ciò succede noi restiamo tutti sbranati.
- Folle è dunque a tal segno il vostro padrone, rispose don Diego, che voi dobbiate credere che se la voglia pigliare con sì feroci animali?
- Non è mica che sia matto, rispose Sancio, ma arrisicato.
- Io farò che nol sia, replicò l'altro; ed accostandosi a don Chisciotte, il quale stava stimolando il custode perché aprisse le gabbie, così gli disse:
- Signor cavaliere, i cavalieri erranti si hanno a cimentar ad imprese che promettano buon successo, e non già a quelle che sono affatto disperate; e la ragione si è perché quella bravura che entra nella giurisdizione della temerità sente più di pazzia che di fortezza. Questi leoni non vengono contro la signoria vostra, che nemmen se lo sognano, ma vanno pel loro viaggio per essere presentati a sua Maestà, e sarebbe pur malfatto il trattenerli e l'impedire la loro strada.
- Vada vossignoria, rispose don Chisciotte, a custodire il suo starnotto piacevole e la sua donnoletta ardita, e lasci compiere ad ognuno l'officio suo: questo è il mio, ed a me si aspetta il conoscere se questi leoni vengano contro di me.»
Voltosi poscia al custode, gli disse:
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