Ora vedendo il custode che già i fuggitivi erano fuori di pericolo, tornò a protestare e ad intimare a don Chisciotte le cose tutte che dianzi avea dette. Gli rispose questi che ogni cosa era da lui ben intesa, né si curasse punto di altre intimazioni e proteste; mentre tutto sarebbe inutile, ma che non frammettesse alcun ritardo.
Mentre il lionero apriva la prima gabbia stette considerando don Chisciotte se fosse miglior consiglio imprendere la pugna a piedi od a cavallo, ma stabilì di accingervisi a piedi temendo che Ronzinante spaventar si potesse alla vista dei leoni. Balzò pertanto a terra, buttò via la lancia, imbracciò lo scudo, e sguainando la spada con maraviglioso coraggio e con forte cuore si pose dinanzi al carro, non senza raccomandarsi con tutta l'anima a Dio e a Dulcinea del Toboso sua signora.
È da sapersi che giunto l'autore della presente verissima istoria a questo passo, così esclama:
«Oh forte, oh sopra ogni encomio animoso don Chisciotte della Mancia, specchio in cui possono mirarsi i valorosi tutti dell'orbe! Oh secondo e novello Manuel di Leone che fu onore e vanto dei cavalieri di Spagna, quali parole troverò io per narrare sì terribile prodezza? Come potrò io renderla credibile ai secoli futuri? E quale sarà la lode di cui tu non sii degno per quanto sia un'iperbole sopra tutte le iperboli? Tu a piedi, tu solo, tu intrepido, tu magnanimo, con una spada sola, e non di quelle taglienti del Perriglio, con uno scudo né troppo risplendente né di acciaio il più terso, tu stai intrepido attendendo i due più furiosi leoni che abbiano mai prodotto le selve dell'Africa?
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