Così rassettato con ingenuo garbo e bizzarria passò don Chisciotte in un'altra sala, dove dallo studente era atteso per trattenersi con lui finattantoché si allestisse la mensa. L'arrivo di tanto ospite impegnato aveva la padrona della casa a far conoscere che sapeva bene e distintamente accogliere i forestieri. Nel tempo che don Chisciotte stava disarmandosi, ebbe agio don Lorenzo (questo è il nome del figliuolo di don Diego) di dire a suo padre:
- Che penseremo noi, o signore, di questo cavaliere che vossignoria ci ha condotto? Il nome, la figura, il chiamarsi cavaliere errante hanno molto sorpreso e mia madre e me ancora.
- Non so che dirti, figliuolo, rispose don Diego; ti posso bene assicurar che l'ho veduto fare cose degne del più gran pazzo del mondo, e l'ho udito ordire discorsi sì giudiziosi che sono precisamente l'opposto delle sue azioni spropositate. Mettiti a ragionare con lui, e toccagli il polso, poi come discreto giudicherai bene del suo discernimento o della sua balordaggine; benché, a dire ciò che ne sento, io lo tengo più per pazzo che per dottore.»
Dopo queste informazioni passò don Lorenzo a trattenersi con don Chisciotte in piacevoli colloqui, e fra i molti discorsi avuti insieme, disse don Chisciotte:
- Il signor don Diego, padre di vossignoria, mi ha parlato della rara vostra abilità e del distinto vostro ingegno, e soprattutto mi ha detto che siete valoroso poeta.
- Poeta può darsi, rispose don Lorenzo, ma valoroso no certamente: è bensì vero che io sono affezionato alquanto alla poesia ed alla lettura degli ottimi autori, ma non in modo da meritare il nome di valoroso che mio padre mi attribuisce.
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