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      - E come, e quanto! rispose don Chisciotte.
      - Ma io temo molto, soggiunse don Lorenzo, che possano esservi stati, e che vi sieno oggidì cavalieri adorni di tante virtù.
      - Dissi più volte, e lo ripeto anche adesso, rispose don Chisciotte, che la maggior parte degli uomini porta opinione che non sieno vissuti al mondo cavalieri erranti, ma io conchiudo che se il Cielo per uno de' suoi prodigi non fa conoscere esser vero che vivessero e che vivono costaggiù, sarà inutile affatto mettere a campo ogni argomento per provarlo, siccome più volte me ne ammaestrò l'esperienza. Né vorrò io adesso dar opera a persuadere vossignoria dell'errore in cui versate con tanti e tanti altri; bensì prego il Cielo che vi disinganni, e vi faccia conoscere quanto profittevoli furono, e quanto necessari negli scorsi secoli, e di quale utilità ai dì nostri sarebbero se tornassero in uso. Per comune nostro danno trionfano adesso la gola, il sonno e le oziose piume.
      - Eccoci al punto, disse allora tra sé don Lorenzo; bisogna per altro convenire ch'egli è un pazzo bizzarro, e sarei ben da poco se tale non lo giudicassi.»
      E qui ebbe fine il dialogo, e furono invitati alla mensa. Domandò don Diego a suo figlio quello che avesse cavato dell'ingegno dell'ospite.
      Egli allora rispose:
      - Nol tratterrebbero dal vortice di sue pazzie quanti medici e buoni scrittori vi sono al mondo; è un pazzo che ha del savio, ed è pieno di lucidi intervalli.»
      Si assisero a tavola, e il pranzo fu come don Diego aveva detto nel viaggio che soleva apprestarlo agli amici: semplice, abbondante e saporito.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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