- Non vi saranno tanti malanni, disse Sancio, ché Dio manda il male e la medicina, nessuno sa quello che ha da essere; da qui a dimani passano molte ore: in un momento casca una casa; nello stesso dì piove e apparisce il sole; un tale va la sera a letto sano e di buona voglia, e 'l giorno dopo si può appena muovere. Favoriscano dirmi: vi è qui alcuno che vanti di avere posto un chiodo alla ruota della fortuna? no certamente, e fra il sì e 'l no di una donna non mi arrischierei di mettere una punta di ago perché non ci capirebbe. S'egli è vero che Chilteria ama Basilio, io do a lui un sacco di buona ventura; ché l'amore, per quanto ho sempre inteso dire, guarda con certi occhiali che fanno parere oro il rame, ricchezza la povertà, perle la cispa.
- Dove, disse don Chisciotte, dove vai tu a parare, Sancio mio, che sei pur l'importuno quando cominci a sciorinare proverbi e ad infilzare sermoni? Dimmi per l'anima di Giuda, animalaccio vero e reale, e che sai tu di chiodi e di ruote della cieca Fortuna?
- Oh se poi non m'intendono, rispose Sancio, non è meraviglia che le mie sentenze sieno tenute per spropositi; ma non importa: m'intendo io, e so che non ho mica dette balordaggini in quello che ho proferito, e la signoria vostra, signor mio, non è altro che un eterno friscale delle mie parole e delle mie azioni
- Fiscale hai a dire, soggiunse don Chisciotte, e non friscale, guastatore del buon linguaggio che Dio ti confonda.
- Non se la pigli con me, rispose Sancio, poiché ella sa bene che io non sono allevato alla Corte né ho fatto i miei studi in Salamanca per sapere se io aggiunga o levi via qualche lettera ai miei vocaboli: non è poi conveniente che ella obblighi il Saiaguese a parlare come il Toledano, e potrebbe darsi che vi fossero dei Toledani mal parlatori.
| |
Sancio Dio Chilteria Basilio Chisciotte Sancio Giuda Fortuna Sancio Chisciotte Dio Sancio Corte Salamanca Saiaguese Toledano Toledani
|