- Mangiate, amico, e rompete il digiuno con questa schiuma intanto che si fa ora di desinare.
- Non so dove mettere tutta questa roba, soggiunse Sancio.
- E voi portate via, rispose il cuoco, la mestola ed ogni cosa; ché la ricchezza e il contento di Camaccio suppliscono a tutto.»
Nel tempo che Sancio aveva queste occupazioni, stava don Chisciotte guardando da una parte del frascato, dov'egli scoprì intorno a dodici contadini sopra dodici bellissime cavalle con ricchi e sfarzosi fornimenti da campagna e con molti sonagli nei pettorali, tutti vestiti da giorno di festa: e questa truppa si mise a fare non una, ma più carriere su per lo prato, con allegre voci e grida dicendo: «Vivano Camaccio e Chilteria; egli è tanto ricco quanto ella è bella e la più bella del mondo.»
Don Chisciotte ciò udito, disse tra sé:
- Conviene dire che non abbiano costoro veduto mai la mia Dulcinea del Toboso, ché se ciò fosse andrebbono più a rilento nel lodare questa loro Chilteria.
Di lì a poco cominciarono ad entrare per diversi parti del frascato molte bande di danzatori, fra le quali una eravi di schermitori di spade alla moresca, formata da ventiquattro belli e graziosi pastori e vestiti di sottile e candida tela, con asciugatoi lavorati di vari colori di fina seta. Uno di quelli che guidava le cavalle dimandò a certo snello garzone, se fosse rimasto ferito alcuno dei danzatori.
- Nessuno sin ora, quegli rispose, e siamo ancora tutti sani» e subito incominciò ad intrecciarsi con gli altri compagni, con tanti giri e con tanta destrezza che quantunque don Chisciotte fosse avvezzo a veder simili danze, nessuna come quella eragli tanto piaciuta.
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