- Basta, basta, o Sancio, disse don Chisciotte a questo passo: tienti in riputazione, e non ti lasciar cadere, ché certo quello che hai detto intorno alla Morte coi tuoi rustici termini, è quanto di meglio potrebbe dirne un predicatore: ti assicuro, Sancio mio, che se tu avessi tanta discrezione quanto hai talento potresti aspirare ad un pergamo e andartene per lo mondo predicando con riuscita.
- Predica bene chi vive bene rispose Sancio, ed io non so di altre teologie.
- Né d'altra ne hai di bisogno, disse don Chisciotte: io però non posso intendere o concepire come essendo il timor di Dio il principio di ogni sapienza, tu abbia più paura di una lucertola che di Domeneddio.
- Giudichi la signoria vostra, disse Sancio, delle sue cavallerie, né si metta a dare sentenza sui timori o sulle bravure altrui, ché io sono tanto timorato di Dio quanto ogni altro, e mi lasci vossignoria pappare questa schiuma, che del resto sono tutte parole oziose delle quali dovremo dare conto nell'altra vita.»
E detto questo, tornò all'assalto della caldaia con appetito sì grande che svegliò anche quello di don Chisciotte, il quale gli avrebbe fuori di dubbio tenuto buona compagnia se non fosse stato impedito da quello che sarò costretto di far sapere qui appresso.
CAPITOLO XXI
PROSEGUONO LE NOZZE DI CAMACCIO CON ALTRI GUSTOSI SUCCESSI.
Avevano don Chisciotte e Sancio appena terminato i discorsi riferiti nell'antecedente capitolo quando udirono grandi voci e strepitoso rumore prodotti da quelli delle cavalle, che di carriera e mettendo alte grida, andavano incontro agli sposi; i quali attorniati da mille maniere di strumenti e di festevoli invenzioni venivano accompagnati dal pievano, dal parentado e da tutta la gente più ragguardevole dei paesi circonvicini: e tutti erano vestiti a pompa.
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