Dimandò poi qualche cosa da mangiare, giacché avea grandissima fame, e gli distesero la invoglia del compagno sopra la fresca erbetta; trassero quanto occorreva dalle bisacce, e seduti tutti e tre in santa pace e compagnia merendarono e cenarono ad un tempo. Sparecchiata la invoglia, disse don Chisciotte della Mancia:
- Nessuno si alzi, ed ascoltatemi, figliuoli miei, tutti attenti.»
CAPITOLO XXIII
MARAVIGLIOSE COSE VEDUTE DAL CELEBRATISSIMO DON CHISCIOTTE NELLA PROFONDA GROTTA DI MONTESINO E DA LUI RACCONTATE, LA CUI GRANDEZZA E IMPOSSIBILITÀ VA A STABILIRE PER APOCRIFA LA PRESENTE VENTURA.
Il sole verso le quattro della sera velato da nubi, con iscarsa luce e con temperati raggi diè agio a don Chisciotte che senza caldo e molestia potesse accingersi a raccontare ai due suoi illustri uditori ciò che veduto aveva nella Grotta di Montésino; e cominciò nella seguente maniera:
«Dodici a quattordici stadi all'incirca, sotto la profondità di questa spelonca, evvi a mano diritta una cavità ed uno spazio atto a contener un gran carro colle sue mule, dove entra piccola luce da certe fessure e pertugi che da lungi vi corrispondono, e che hanno origine dalla superficie della terra. Questa cavità o spazio vid'io quando trovandomi stanco e disgustato dello stare pendente ed attaccato a quella fune camminai per quella oscura regione senza avere direzione alcuna sicura e determinata; e mi persuasi allora di fermarmi e di riposare un poco. Gridai e dissi che non si calasse più fune senz'altro mio avviso; ma credo che voi non mi abbiate udito.
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