Il contegno, il passo, la gravità, la maestosissima presenza sua ed ogni altra cosa che in lui ebbi campo di considerare mi tennero maravigliato e fuori di me. Mi si avvicinò, ed il primo suo movimento fu di strettamente abbracciarmi, e poi dirmi:
- È molto tempo, o valoroso cavaliere don Chisciotte della Mancia, che noi, i quali tra queste solitudini stiamo incantati, attendiamo di vederti, affinché avesse notizia il mondo per mezzo tuo di ciò che rinserra e copre la profonda grotta per dove entrasti, chiamata la grotta di Montésino; grotta visitata per la prima volta dal tuo invincibile cuore e dal maraviglioso tuo braccio. Seguimi adesso, signore preclarissimo, che voglio mostrarti le stupende cose che si celano in questo trasparente castello, di cui io sono il custode e la perpetua guardia maggiore, essendo io quel Montésino medesimo da cui prende il nome questo luogo.»
Appena mi ebbe detto ch'egli era Montésino stesso, ch'io gli chiesi se fosse verità ciò che nel mondo di qua raccontavasi, cioè di aver egli cavato dal mezzo del petto con picciola daga il cuore del suo amico Durandarte, e poi inviatolo alla signora Belerma, come quegli comandò e volle al punto del suo morire. Risposemi che tutto era verità, ad eccezione della daga, la quale non fu daga veramente né picciola né grande, ma sì bene pugnale scannellato, più acuto di una lesina.
- Sarà stato, soggiunse allora Sancio, un pugnale di Ramon di Ozes il sivigliano.
- Non lo so, continuò a dire don Chisciotte; ma non può essere di questo venditore di pugnali, perché quello di Ramon di Ozes è moderno, e l'altro di Roncisvalle, ove accadde questo infortunio, conta infinito numero di anni: ma già la verità e il testo di questa istoria non può essere gran fatto alterato dalla verificazione di cotal circostanza.
| |
Chisciotte Mancia Montésino Montésino Montésino Durandarte Belerma Sancio Ramon Ozes Chisciotte Ramon Ozes Roncisvalle
|