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      Tira pure innanzi ragazzo, e lascia dire chi vuole, mentre purché si guadagni un po' di danaro noi siamo soliti a vedere che importa poco il metter sulle scene più improprietà che non ha raggi il sole d'intorno a sé.
      - Oh questo è vero» replicò don Chisciotte, e il ragazzo proseguì:
      - Osservino di grazia le signorie loro quanta e quanto bella cavalleria esce della città e va ad inseguire i due cattolici amanti: quante trombette che strepitano, quanti zufoli che suonano, quanti tamburi moreschi e cristiani che rimbombano! Io ho gran paura che li raggiungano, e non li facciano tornare in Corte strascinati a coda di cavallo, il che sarebbe orrendo spettacolo.»
      Parve qui a don Chisciotte di vedere già i Mori, e di udire il grande romore e lo strepitoso calpestìo, e gli venne in mente di prestare il suo aiuto a quelli che fuggivano: quindi rizzatosi cominciò a dire ad alta voce:
      - Non consentirò mai che ai miei giorni e in presenza mia si facciano superchierie ad un cavaliere di così grande celebrità, ad un amante sì intraprendente com'è don Gaifero: fermatevi, date indietro, malnata canaglia, non lo inseguite; né sieno i poveri amanti perseguitati, o ch'io vi disfido meco alla battaglia.»
      Detto e fatto egli sguainò la sua spada, di un salto si fece accosto al casotto, e con presta e mai più vista furia cominciò a menar fendenti e manrovesci sopra due fantaccini moreschi, rovinando questo, lasciando senza testa quello, storpiandone uno, mettendone in pezzi un altro, e tra tanti colpi tirò tale soprammano che se maestro Pietro non se ne fosse schermito, raggricchiato e accoccolato, gli avrebbe portata via netta la testa come se fosse stata di pasta di marzapane.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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