Quando Sancio si vide in mezzo al fiume ed alquanto distante dalle sponde, cominciò a tremare per lo spavento di andar a perdizione; ma nessuna cosa gli diè tanto affanno quanto l'udir il raglio del suo leardo, e il vedere che Ronzinante faceva ogni sforzo per isciogliersi. Tosto disse al padrone:
- Sento l'asino che raglia per il dolore che gli reca la nostra lontananza e Ronzinante procura di mettersi in libertà per venirci dietro. Ah no, carissimi amici, restatevi in pace, e la pazzia, che da voi ci divide, convertita in disinganno, torni poi a ricondurci alla vostra presenza.»
Nel fare questa esclamazione, cominciò Sancio a piangere sì dirottamente che don Chisciotte, annoiato e incollerito, si fece a dirgli:
- Di che paventi codarda creatura? di che piangi, cuore di ricotta? Chi ti perseguita o chi ti caccia, animo da sorcio casalingo? E che ti manca, uomo bisognoso in mezzo alle viscere dell'abbondanza? Vai tu forse camminando a piedi scalzi per le montagne rifee? Tu stai pure a panciolle sopra una tavola come un arciduca attraversando il corso di questo piacevolissimo fiume, dal quale passeremo fra poco nel grande oceano. Noi dobbiamo già aver viaggiato per lo meno 7 od 800 leghe; e se io avessi qui un astrolabio da misurare l'altezza del polo, ti direi, sebbene poco io me n'intenda, quanto cammino siasi fatto, e se abbiamo passato o se passeremo presto la linea equinoziale che taglia e separa i due contrapposti poli in eguale distanza.
- E quando pure saremo arrivati a questa linea che dice vossignoria, dimandò Sancio, quanta strada avremo fatta?
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