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      CAPITOLO XXX
     
      DI QUELLO CHE INTERVENNE A DON CHISCIOTTE CON UNA BELLA CACCIATRICE.
     
      Lo scudiere e il cavaliere, assai malinconici, raggiunsero le loro bestie; ma Sancio specialmente, cui stringeva il cuore nel mettere mano al denaro, parendogli che tutto quello che se ne consumava fosse tolto alle pupille degli occhi suoi. Finalmente, senza dir motto si posero a cavallo, e scostaronsi dal famoso fiume, restando don Chisciotte assorto nei pensamenti dei suoi amori, e Sancio in quelli della sua futura grandezza, dalla quale sembravagli essere tuttavia ben lontano: poiché quantunque goffo, comprendeva bene che tutte, o la più parte, delle azioni del suo padrone erano bestialità. Egli andava studiando qualche spediente per poterlo piantare come un cavolo, senza fare altri conti e senz'altri disgusti, e così tornarsene a casa sua: ma la fortuna ordì le cose molto diversamente da quello ch'ei supponeva.
      Avvenne dunque che il giorno seguente, al tramontare del sole, uscendo dalla selva, distese don Chisciotte gli occhi per un verde prato, a capo del quale vide gente, che poi conobbe essere cacciatori. Avvicinatosi di più, scoprì ch'era fra loro una bellissima donna sopra un palafreno o chinea bianchissima, ornata di guarnizione verde e con sella messa ad argento. Anche la donna era vestita di verde, con sì grande bizzarria e ricchezza, che la stessa leggiadria pareva che si fosse in lei trasformata. Portava colla sinistra mano un falcone, d'onde argomentò don Chisciotte dover ella essere signora di alto grado e la padrona di tutti quei cacciatori, com'era veramente: e perciò disse a Sancio:


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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