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Sancio, per questa tanto gradita risposta, ritornò con grandissimo contento al padrone, cui replicò tutte le medesime espressioni di quella grande signora, innalzando coi suoi rozzi termini sino alle stelle la sua bellezza e grazia e cortesia.
Don Chisciotte si strinse in sella, pose fermo piè nelle staffe, si accomodò la visiera, spronò Ronzinante, e con molta galanteria volò a baciare le mani alla duchessa; la quale, fatto chiamare il duca suo marito, lo aveva informato, prima che don Chisciotte giungesse, della vicenda dell'ambasceria; e avendo letto ambidue la prima parte dell'istoria, ed essendo quindi al fatto del pazzo umore di don Chisciotte, lo attesero con indicibile piacere e con vivo desiderio di conoscerlo. Proposero seco stessi di secondarne le stravaganze, e di concedergli quanto chiedesse, trattandolo alla foggia de' cavalieri erranti in tutto il tempo che stesse con loro, e senza ommettere alcuna delle cerimonie descritte nei libri di cavalleria che avevano letti, ed ai quali portavano anche qualche affezione.
Arrivò intanto don Chisciotte con la visiera alzata, e facendo mostra di smontare, corse Sancio a tenergli la staffa, ma fu sì male avventurato, che nello andare giù dal leardo, gli rimase un piede attaccato alla fune della bardella, per modo che non poté sbarazzarsene, e restò penzolone con la bocca a terra e col petto. Don Chisciotte, non uso a discendere se non tenevano la staffa, credendo che già Sancio fosse giunto a fare il suo officio, abbandossi da un lato per ismontare; ma le cinghie allentaronsi sotto il peso e la sella e il cavaliere caddero a terra, non senza vergogna di lui e non senza scagliare molte maledizioni al disgraziato Sancio, il quale stava tuttavia col piede nella staffa inceppato.
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