Ordinò il duca a suoi cacciatori che accorressero a trarre d'impaccio il cavaliere e lo scudiere: ed eglino rizzarono don Chisciotte, sciancato per lo stramazzone, il quale però alla meglio, si trascinò e si pose ginocchioni dinanzi a quei due signori. Il duca non voleva permettere in alcun modo tanta umiliazione, anzi, sceso prestamente di cavallo, abbracciò don Chisciotte e gli disse:
- Duolmi, signor cavaliere dalla Trista Figura, che abbia sì disgraziato successo il primo suo ingresso in queste mie terre; ma non è da maravigliarsene, ché i disattenti scudieri possono essere causa di peggiori successi.
- La fortuna che ho nel vedervi, principe valoroso, rispose don Chisciotte, non mi farebbe sentire alcun male, se pure la mia caduta mi avesse cacciato nel profondo degli abissi, dai quali tratto mi avrebbe la sola gloria di trovarmi al vostro cospetto. Il mio scudiere, che sia sempre maledetto, riesce assai meglio nello sciogliere la lingua per dire malizie, che nel legare e cingere bene una sella: in qualunque stato però che io mi trovi, caduto od alzato, a piedi o a cavallo, sarò sempre al servigio vostro e della signora duchessa, vostra degna consorte e meritissima signora della bellezza, e principessa universale della cortesia.
- Piano, piano, mio signor don Chisciotte della Mancia, padron mio, disse il duca, che dove trovasi di mezzo una signora Dulcinea del Toboso, non è dovere che abbiano encomi le altre bellezze.»
Durante questo primo colloquio, Sancio Pancia già liberato dal laccio che gl'involgeva il piede, e trovandosi avvicinato agli altri, prima che don Chisciotte facesse risposta, disse:
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