- Dunque io dico, signori miei, seguitò Sancio, che questo tal cittadino che io conosco come le mie mani, perché dalla mia casa alla sua non vi è un tiro di balestra, convitò un contadino povero ma onorato.
- Avanti fratello, disse l'ecclesiastico, che vi siete posto in un viaggio da non uscirne sino al dì del giudizio.
- Piacendo a Dio, lo terminerò la metà prima, rispose Sancio. Dico dunque che giunto il tal contadino a casa del detto cittadino convitatore, che il Signore dia riposo all'anima sua mentre è già morto, e per più contrassegni assicurano che fece una morte da angelo, alla quale io non era presente, trovandomi in quel tempo a segare a Temblecche...
- Per vita vostra, figliuolo, replicò l'ecclesiastico, accelerate il vostro ritorno da Temblecche e senza dare sepoltura al cittadino (se non ne avete altri da sotterrare) mettete fine al vostro racconto.
- La conclusione dunque è questa, continuò Sancio, che stando ambedue per mettersi a tavola, ché mi pare in questo momento di vederceli più che mai...»
Non è da dirsi quanto si divertissero i duchi del fastidio in cui mostrava di esser l'ecclesiastico per tante dilazioni e pause che andava Sancio facendo, e della bile e della rabbia in cui vedeasi che don Chisciotte si consumava.
- Dico dunque, riprese Sancio, che stando quei due, come ho già detto, per mettersi a tavola, il contadino perfidiava col cittadino perché si mettesse in capo della tavola, ed il cittadino dal canto suo perfidiava perché l'altro si sedesse egli in quel posto, adducendo che era padrone di comandare le feste in casa sua.
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