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      Dice a questo proposito Cide Hamete che ben rare volte egli vide Sancio Pancia senza il leardo e il leardo senza Sancio Pancia, tanto era stretto il vincolo di amicizia e di buona fede che passava fra loro.
      Volò don Chisciotte, e spiccò Sancio, il quale trovandosi libero ed a piè fermo, portò gli occhi sulle sdruciture del suo vestito, e ne fu afflittissimo, poiché credeva di possedere in quell'abito un vero e positivo maggiorasco.
      Posero frattanto attraverso di una mula il poderoso cinghiale, e coprendolo con piante di ramerino e con rami di mirto, lo portarono qual segno di vittoriosa preda, sotto una tenda di campagna posta in mezzo al bosco ove trovarono preparata la mensa: ed erano i cibi apprestati con sì grande profusione e sontuosità che ben faceano conoscere il lusso e la magnificenza del duca.
      Sancio mostrando alla duchessa le piaghe del suo squarciato vestito, le disse:
      - Se questa fosse stata caccia di lepri o di augelletti, il mio povero abito non sarebbe ridotto a questi termini; e non so che gusto vi sia nello stare aspettando il passaggio di un animale che se vi pianta addosso una zanna, tutto è finito per sempre. Mi ricordo la vecchia canzonetta che incominciava:
     
      Fin all'ossa fu mangiato
      Come Favila il Famoso, ecc.
     
      - Fu, disse allora don Chisciotte, questo Favila un re goto, che venne divorato da un orso cacciando le fiere nei boschi.
      - Questo è appunto quello che dico anch'io, replicò Sancio, e non vorrei che i re e i principi si mettessero a tanto rischio per un gusto che non è poi gusto, poiché si tratta di ammazzare una bestia la quale non ha commesso alcun delitto.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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