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      Stando egli assorto in questi pensieri gli disse il duca:
      - Si decide la signoria vostra, signor don Chisciotte, di aspettare?
      - E perché no? rispos'egli: starei qua intrepido e forte quand'anche venisse ad investirmi tutto l'inferno.
      - Ed io se veggo un altro demonio, e sento un altro corno come il passato, tanto aspetterò qua come in Fiandra,» disse Sancio.
      In questa andò la notte inoltrandosi, e cominciarono a scorrere molti lumi pel bosco, al modo stesso come vanno scorrendo pel cielo le aride esalazioni della terra che ai nostri occhi paiono stelle che corrano.
      Si udì similmente altro spaventoso rumore come di pesanti ruote di carri tirati da buoi al cui aspro e continuato cigolare dicesi che fuggano i lupi e gli orsi se le odono per dove passano.
      A questa tempesta di orrori altra si aggiunse, e fu che pareva realmente che ai quattro lati del bosco in un tempo stesso ardesse la zuffa di quattro battaglie; poiché da un lato si udiva lo spaventevole fracasso dell'artiglieria, dall'altro lo scoppio di arcobugi infiniti, molto d'appresso si ascoltavano le voci dei combattenti, e più da lungi non ristavano mai le trombe moresche. Infine i cornetti, i corni, i torti-corni, i clarinetti, le trombette, i tamburi, l'artiglieria, gli arcobugi, e soprattutto il formidabile strepito dei carri formavano tutt'insieme sì orribile e confuso rombazzo che don Chisciotte ebbe d'uopo di tutto il suo cuore per sopportarlo.
      Il povero Sancio dovette svenire, e nello stramazzare si lasciò cadere sopra un lembo del vestito della duchessa, la quale lo raccolse, e prestamente gli fece spruzzare dell'acqua nel viso.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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