Fatto questo ritornò in sé nel punto che già il carro dalle stridenti ruote arrivava. Era tirato da quattro tardi buoi, tutti coperti di nere paramenta, e in ogni cantone portava legata ed accesa grande torcia di cera.
Venerabile vecchio con barba che vinceva in candore la neve, e che gli scendeva fino al di sotto della cintura, stava su di un'alta sedia collocata nel mezzo, e portava larghissima zimarra di bottana nera, la quale ben poteasi distinguer per gl'infiniti lumi che il carro rendeano fiammeggiante. Due brutti demoni vestiti anch'essi di bottana e con facce assai rivoltanti erano i guidatori; e avendoli Sancio veduti una sol volta chiuse gli occhi per non rivederli mai più.
Arrivato dunque il carro dove erano i circostanti, si alzò dalla sedia il venerabile vecchio e posatamente disse con voce sonora:
«Io sono il Savio Lirgardeo;» e passò innanzi il carro senza che più si udisse parola.
Dopo questo passò un altro carro alla foggia stessa con un altro vecchio seduto in eminente posto, il quale facendo arrestare il carro, con voce meno grave dell'altro, disse:
«Io sono il Savio Alchiffo, il grande amico di Urganda la sconoscente;» e tirò avanti.
Nella stessa maniera giunse il terzo carro; ma quello che in trono sedeva non era vecchio siccome gli altri, ma sì bene uomaccione robusto e di brutta fisonomia, il quale levatosi in piè come gli altri, disse con voce più rauca e indemoniata:
«Io sono Arcalausse l'incantatore, il mortale nimico di Amadigi di Gaula e di tutto il suo parentado;» e passò oltre.
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