Volgi, o miserabile e indurito animale, volgi, ripeto, quei tuoi occhi di muletto ombroso, nelle pupille di questi miei, che sono tante roteanti stelle, e li vedrai a filo a filo, a matassa a matassa, sgorgare lagrime, facendo solchi, carriere e sentieri pei campi delle mie gote. Muovati, volpone e mostro malintenzionato, questa fiorente età mia, che sta nella decina e nella unità, non avendo ancora venti anni, e vedila come si consuma e appassisce sotto la scorza di razza villana. Ella è sola mercede segnalatissima del signor Merlino, che qua è presente, ch'io tale non sembri per solo fine d'intenerirti colla mia vaghezza, mentre le lagrime di beltà desolata convertono in bambagia le rupi e le tigri in agnelli. Ah batti, batti quelle tue carnacce, bestione indomito: spoltra quella tua anima, che pare nata per mangiare e per divorare; inclinati una volta a dare libertà a queste liscie mie carni, alla soavità del mio spirito, alle attrattive del mio sembiante, e se io non valgo ad addolcirti ed a condurti a termini ragionevoli, fallo almeno per quel misero cavaliere che ti sta accanto: fallo per quel tuo padrone, che tiene l'anima attraversata alla gola e non lontana dieci dita dai labbri, e che non aspetta altro fuorché barbara o dolce risposta per uscirgli dalla bocca o ritornargli dentro allo stomaco.» Dopo questi rimproveri, don Chisciotte si tastò la gola, e volgendosi al duca, disse:
- Giuro, o signore, che Dulcinea ha detto la verità, mentre io tengo appunto l'anima attraversata alla gola, come una noce di balestra.
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Merlino Chisciotte Dulcinea
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