Dio te la conceda in ogni retto modo, e custodisca me per servirti.
Da questo castello, ai 20 di luglio 1614.
Tuo marito il governatoreSANCIO PANCIA.»
La duchessa, com'ebbe terminato di leggere la lettera, disse a Sancio:
- In due cose esce dal seminato il nostro buon governatore: consiste l'una nell'asserire o nel dare ad intendere che gli sia conferito questo governo per le frustate che si deve dare, mentre sa bene, né può negarlo, che quando che gli è stato promesso dal duca mio signore, egli neppure sognavasi che ci fossero frustate al mondo; l'altra si è che spiega un carattere di grande avarizia, ed io non vorrei che nascesse qualche disordine, perché il soverchio rompe il coperchio, ed il governatore avaro fa che la giustizia resti svergognata.
- Le mie parole non mirano a questo fine, rispose Sancio: e se a vossignoria pare che la mia lettera non vada a dovere, costa poca fatica lo stracciarla, e lo scriverne una nuova, la quale, per altro, sarebbe facile che riuscisse peggiore, se si lasciasse fare al mio cervellaccio.
- No, no, replicò la duchessa, sta bene così, e voglio che il duca la vegga.
Si recarono allora in un giardino dove aveano deliberato di pranzare in quel giorno, e la duchessa mostrò la lettera di Sancio al duca, il quale si mostrò molto persuaso del suo contenuto. Desinarono, e dopo levate le tovaglie e dopo essersi trattenuti per buono spazio di tempo colla saporita conversazione di Sancio, si udì inaspettatamente il mestissimo suono di un piffero e di uno scordato tamburo.
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Sancio Sancio Sancio Sancio
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