Tutti fecero mostra di agitazione, attesa quella confusa, guerriera e malinconica armonia, e don Chisciotte singolarmente, il quale vedeasi che non poteva più star saldo nella sua sedia, pel grande rimescolamento della persona.
Non occorre di parlare di Sancio, ché la paura lo trasse al suo consueto rifugio, ch'era il mettersi accanto o sulle falde del vestito della duchessa; e in realtà era quanto si può dire tetro e lugubre il suono che udivasi. Stando tutti così sospesi, videro avanzarsi pel giardino due uomini in abito bruno, sì lungo e disteso, che andavano strascicandolo per terra, e procedevano suonando due grandissimi tamburi, coperti egualmente di nero, tenendo a lato il suonatore di piffero, bruno e nero, anch'egli.
Erano questi tre seguitati da un personaggio di gigantesca statura, rivestito e coperto tutto di nerissima zimarra, la cui falda era pure di smisurata grandezza. La zimarra era cinta, nella parte superiore, da un largo armacollo, nero pur esso, e da cui pendeva smisurata scimitarra con fornimenti e con fodero nero, anche il viso era nascosto da nero velo trasparente, che lasciava scoprire lunghissima barba, bianca come la neve; e con molta gravità e posatamente moveva il passo al suono dei tamburi: infine la sua grandezza, l'attitudine, la nerezza ed il suo accompagnamento potevano incutere terrore a tutti quelli che senza conoscerlo lo guardavano.
Giunse dunque con quelle forme e con quella prosopopea a mettersi ginocchioni dinanzi al duca; il quale ritto attendevalo cogli altri circostanti, e non volle a patto alcuno che movesse parola, se prima non si levasse.
| |
Chisciotte Sancio
|