O negoziante sciocco, negoziante scimunito, non ti affrettare tanto, attendi che il tempo e le circostanze ti offrano comodità di fare negozi: non presentarti all'ora del pranzo né a quelle del dormire, che i giudici sono di carne e ossa, e debbono anch'essi concedere alla natura quello che essa esige. Ben è vero che io non do alla mia il suo bisogno per cagione del signor dottore Pietro Rezio Tiratinfuora che mi sta dinanzi, il quale vorrebbe farmi morir di fame ostinandosi a dire che questa morte è vita; e così sia per lui e per tutti quelli della sue razza: e ripeto che intendo dei cattivi medici, che quanto ai buoni si può riserbar loro una palma.»
Restavano ammirati tutti quelli che conoscevano Sancio Pancia udendo sì spiritosamente parlare, né sapevano altro pensare se non che gli uffizi e le cariche di somma importanza raddrizzano o storpiano l'umano intendimento. Finalmente il dottore Pietro Rezio Agurio di Tiratinfuora promise di apprestargli per quella sera la cena, quantunque con ciò trasgredisse le regole ed i precetti degli aforismi tutti d'Ippocrate.
Questa promessa soddisfece il governatore, che molto ansioso attendeva la sera e l'ora del refiziarsi: e tuttoché a parer suo il tempo se ne stesse immobile senza scorrere pur un minuto, contuttociò arrivò finalmente il punto tanto da lui bramato nel quale gli apparecchiarono un piccatiglio o carne battuta di vacca con cipolle e con un paio di zampe di vitella attempata. Egli vi si buttò addosso con maggior gusto che se gli avessero dato francolini di Milano, fagiani di Roma, vitelle di Sorrento, pernici di Morone o paperi di Lavascios.
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