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      - O io non ho facoltà, o se la ho, voglio distrutte queste case di giuoco, le quali, per quanto vado conoscendo, sono assai pregiudichevoli.
      - Quella però in cui furono questi galantuomini, disse allora un notaio, non potrà farla dimettere, mentre n'è proprietario un gran signore, ed è senza paragone molto più quello che egli perde in capo all'anno che quello che egli guadagna. Vossignoria potrà mostrare la sua autorità contro i perdigiorno di vile razza plebea, ch'è quella che fa maggior danno ed è più scostumata, ma non contro le persone di grado distinto fra cui i famosi mariuoli non osano di mettere in campo le loro trame. E poiché il giuoco si è convertito in un esercizio comune, è meglio che segua nelle case ragguardevoli piuttostoché in quelle di qualche artigiano dove acchiappano l'incauto da mezzanotte in giù, e lo scorticano.
      - Notaio mio, disse Sancio, molto ci sarebbe da dire su questo proposito.»
      Arrivò intanto uno sgherro che conduceva legato un giovane, e disse:
      - Signor governatore, costui se n'andava per la strada medesima da noi battuta; ma non iscorse appena la giustizia che voltò le spalle, e si diede a fuggir come un daino: segno ch'è qualche delinquente. Io l'ho inseguito, e se non fosse ch'egli inciampò e cadde, non l'avrei raggiunto mai più.
      - E perché fuggivi tu, galantuomo? dimandò Sancio.
      - Per sottrarmi, questi rispose, alle perquisizioni che suole fare la giustizia.
      - Quale è la tua professione?
      - Il tessitore.
      - E che vai tessendo?
      - Ferri di lancia, con buona licenza di vossignoria.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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