La riferita conversazione impedì a Sancio di giungere in quel giorno al castello del duca, ma lo colse discosto mezza lega la notte alquanto annuvolata ed oscura. Non si diede gran fastidio per questo, essendo allora stagione di estate; ma uscì dalla strada maestra con intenzione di attendere il novello giorno.
Se non che volle la sua disgraziata e nemica sorte che cercando un luogo dove poter accomodarsi, egli cadesse in un col suo asino in profondo ed oscuro antro, che aprivasi tra rottami di fabbriche molto antiche.
Nel rotolar giù si raccomandò a Dio di cuore parendogli di precipitar nelle profondità dell'abisso, ma così non fu; perché l'asino non era calato tre canne che si fermò e Sancio vi si trovò sopra salvo ed illeso Si tastò tutta la persona e raccolse il fiato per provare se trovavasi sano o pertugiato da qualche banda, ma trovandosi dalla testa ai piedi intero e sanissimo, non saziavasi mai di ringraziare il Cielo che lo avesse preservato dal farsi in mille pezzi. Tastò anche colle mani le pareti dell'antro per tentare di uscirne senza altrui assistenza, ma le trovò tutte rase senza un sasso dove potersi arrampicare; del che si afflisse assai; e il dolore gli si accrebbe di più quando udì che l'asino metteva lamenti lunghi e compassionevoli, né senza ragione, perché è duopo dire che si trovasse a ben tristo partito.
- Ahi, disse allora Sancio, quante impensate venture accadono ad ogni tratto a chi vive in questa valle di pianto! Chi mai detto avrebbe che colui che era ieri intronizzato come governatore di un'isola, comandando a servi ed a sudditi, dovesse oggi trovarsi sepolto nelle viscere di una caverna senza che uomo o servo o suddito si presti al suo soccorso?
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