- Sì, sì, ve la diamo di cuore, disse la duchessa: Iddio vi accompagni, o signor don Chisciotte, e faccia che abbiamo sempre buone nuove delle vostre imprese; andate pure, poiché quanto più indugereste, tanto più si accenderebbe il fuoco nei petti delle donzelle che vi tengono gli occhi addosso; e quanto ad Altisidora, le darò io quel castigo che servirà a renderla più circospetta e premurosa del suo decoro, senza più abusare né degli occhi, né delle parole.
- Una grazia ancora e poi non più, o valoroso signor don Chisciotte, disse allora Altisidora, e la grazia si è, che ella voglia perdonarrni il latrocinio che le imputai delle mie legacce: perché in coscenza mia che le ho sulle gambe, e non me n'era accorta, ed io era come colui che stando a cavallo sull'asino, lo cercava.
- Non lo aveva detto io? soggiunse Sancio: andate là ch'io era quello da proteggere i furti! io che se avessi voluto farne m'era venuta l'occasione come dipinta quando era governatore!»
Don Chisciotte abbassò la testa e fece riverenza ai duchi ed a tutti i circostanti, e volta la briglia a Ronzinante, seguitato da Sancio, già montato sull'asino, uscì dal castello, indirizzando il suo viaggio alla volta di Saragozza.
CAPITOLO LVII
COME PIOVVERO SOPRA DON CHISCIOTTE TANTE VENTURE
CHE L'UNA NON ASPETTAVA L'ALTRA.
Quando don Chisciotte si vide in campagna aperta, libero e sbarazzato dagli amorosi detti di Altisidora, parevagli di trovarsi nel suo centro e di sentirsi rinnovare il coraggio per proseguire le gesta delle sue cavallerie.
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